domenica 27 marzo 2011

Tutti a vedere la Nazionale!

Ieri la nazionale della Guinea Bissau ha giocato per le qualificazioni alla Coppa d'Africa 2012. Il match era contro l'Uganda. Si poteva vincere, invece, ha perso 1 a 0, giocando maluccio... grande delusione, ma è stata comunque occasione di fare festa. E questo vale più di tutto!
Qui di seguito uno stralcio del gioco e poi la sequenza del rigore sbagliato.

http://www.youtube.com/watch?v=DaBdaAsHRVI

http://www.youtube.com/watch?v=LpiGmh3bMfY

Anche l'Italia tifa Guiné Bissau!


Grande partecipazione di pubblico.

domenica 20 marzo 2011

La droga degli aiuti

In questi giorni mi son trovato a riflettere sugli aiuti umanitari in Africa e del danno che hanno provocato. Hanno abituato intere comunità all'attesa dell'ennesimo nuovo progetto, dell'aiuto dei bianchi. Così mi sono imbattuto su questo articolo che riporto in parte (articolo di Paolo Bracalin).

"Aiuti umanitari? Rovina dell’Africa"

Dambisa Moyo, l’autrice di questo libro che è tra i bestseller del New York Times (Dead Aid, ed. Farrar, Strauss and Giroux, pagg. 188, euro. 19) non è solo un’ex economista della Goldman Sachs e prima ancora consulente della Banca mondiale. È anche una giovane donna africana, nata e cresciuta in Zambia, il che «se non può essere l’unica ragione per darle retta - scrive nella prefazione il grande storico scozzese Niall Ferguson -, è sicuramente una ragione in più per sentire cosa ha da dirci». Quello che Dambisa Moyo ha da dirci equivale a un cazzotto in pancia al modello del solidarismo fondato sugli aiuti umanitari, un prova drammatica dell’insuccesso di un sistema che sembra aver sortito come unico effetto la paralisi economica del continente africano, la moltiplicazione di conflitti tra bande affamate dei dollari umanitari, la lievitazione incontrollata della corruzione.

Tutto sembra dimostrare che la solidarietà non aiuta ma fa danni, «l’idea che gli aiuti possano alleviare la povertà strutturale dell’Africa, e che lo abbiano già fatto, è un mito».

«Gli aiuti continuano a essere un incontrollato disastro politico, economico e umanitario per la maggior parte del mondo sottosviluppato». Perché gli aiuti economici causerebbero questo disastro nel Terzo mondo? La Moyo descrive la deriva di un’economia «aid dependent», ancorata cioè ai fondi umanitari come unica ma costante e torrenziale forma di sostentamento economico. Il moto è quello di una giostra, merry-go-round, che torna sempre su se stessa senza muoversi di un passo. Il circolo è tra sovvenzione internazionale e corruzione endemica dei governi sovvenzionati dall’Occidente. «Gli aiuti internazionali finanziano governi corrotti. I governi corrotti ostacolano lo sviluppo di libertà civili e impediscono la nascita di istituzioni trasparenti. Questo scoraggia gli investimenti nazionali e stranieri».

Primo risultato: l’economia ristagna, non si crea lavoro, la povertà cresce o non si riduce.
Secondo risultato: «In risposta alla crescente povertà i benefattori occidentali daranno ancora più aiuti, alimentando la spirale stessa della povertà». I miliardi di aiuti internazionali fanno gola ai governi corrotti ma anche alle bande di guerriglieri, alle fazioni tribali, e sono ancora gli aiuti la principale cause - secondo la giovane economista africana - delle guerre civile che insanguinano il continente. L’esercito dei «donors», dei benefattori, costituito da funzionari della Banca mondiale (10mila persone), dalle agenzie dell’Onu (5mila persone), dalle 25mila Ong registrate, forma una massa di 500mila impiegati dell’«industria della bontà», che produce aiuti con un’automatica coazione a ripetere.

La ricetta draconiana della Moyo per l’Africa è diversa ed è questa: imparate dall’Asia. «Solo 30 anni fa il Burkina Faso, il Malawi e il Burundi erano davanti alla Cina quanto a reddito pro capite». Ma sono stati gli investimenti esteri e le esportazioni a trasformare la Cina in potenza mondiale, non gli aiuti.

martedì 8 marzo 2011

sabato 5 marzo 2011

Viaggio attraverso i mi(ni)steri

Prima la forma e poi magari anche il contenuto.
Quando si ha a che fare con il personale di un ministero sembra che sia davvero così.
Le relazioni sembrano più difficili. Le cose che per me sono facili diventano improvvisamente più complicate...

Io penso: entro nel ministero e voglio una firma sul documento. E' solo una firma su un pezzo di carta per avere il patricinio di un ministero per fare un progetto a favore dei giovani guineani. Tu non mi devi dei soldi, io non te ne do, voglio fare il bene con questo progetto.

Loro pensano (almeno così mi sembra): questo bianco arriva e vuole subito una firma su una cosa che non ho capito bene chi ci guadagna. Si sente padrone. Mi chiama "direttore" ma io qui sono "presidente". Mi sta mancando di rispetto. Pretende le cose fatte in modo rapido. Qui devo mandare il tutto al ministro, che poi chiederà il parere del segretario, che poi rimanderà al ministro. Ora gliene dico due!

Così passano giorni e settimane e del documento lasciato su quella scrivania nessuno sa più niente...

E io devo scegliere tra due reazioni: la prima di dice rovesciare la scrivania e dare una bella scrollata al funzionario imbecille che se la prende se non lo chiamo presidente.
La seconda dice che devo farmi scivolare tutto con una immensa tranquillità, qui è così non c'è nulla da fare e non posso capire tutto.

Ora capite che mi tocca sempre la seconda.
Però io esco dal ministero imprecando come un matto parlando da solo...